Parla italiano
il Cirque d’Hiver
il clown Fumagalli
trionfa a Parigi
«Virtuose», il nuovo spettacolo della famiglia Bouglione
Un cast di pregevoli numeri internazionali in un luogo mitico. Deludente solo la parte con gli animali. Fumagalli: «Sono molto preoccupato per l’Italia»
PARIGI – Fu qui che Jules Léotard, il primo trapezista della storia, inventò il trapezio volante. Era il 1859. Fu qui che Gina Lollobrigida, Tony Curtis e Burt Lancaster salirono fino alla cupola dello chapiteau, nei loro sfavillanti costumi, per girare «Trapezio», uno dei film ispirati al circo rimasti leggendari. E fu qui che si esibirono tutti gli artisti più famosi del mondo.
Bisogna entrare con rispetto, in punta dei piedi, in questa grande, elegante cattedrale ottocentesca delle arti circensi, uno degli ormai rarissimi circhi stabili in muratura rimasti nel mondo. Mette sempre addosso una certa emozione, almeno a quelli che amano il circo. Perché lo storico Cirque d’Hiver della famiglia Bouglione, di chiare origini italiane, con le sue gradinate circolari (milleseicento posti) che si rincorrono intorno alla pista, i suoi antichi legni laccati di rosso e di oro, i suoi velluti accesi, il meraviglioso «Bar de l’Impératrice» dove c’erano una volta le scuderie, è un monumento assoluto, di livello mondiale, alla cultura di quello che è stato definito come «il più grande spettacolo del mondo».
Dopo i trionfi del passato (nacque nel 1852, come Cirque Napoléon) e i grandiosi spettacoli della prima metà del Novecento, se n’era andato in pensione, travolto dalle nuove mode. Ma dal 1999 è tornato a nuova vita, riprendendo appieno la sua funzione, grazie alla nuova generazione della famiglia Bouglione (oggi lo dirigono Joseph, Emilien e Sampion Bouglione) che presenta ogni anno un nuovo spettacolo, tra ottobre e marzo, e adesso si è lanciata anche in nuove produzioni, come la «Féerie Orientale» al Parco delle Esposizioni di Bourget, che è la riproposizione di uno degli spettacoli storici dell’Hiver, la «Perle du Bengale», e gli spettacoli natalizi del «Cirque de Noel» al Bois de Boulogne e al Parc André Malraux a Nanterre.
Fa piacere vedere l’Hiver sempre affollato, e non solo di bambini. Tutt’altro, la maggioranza degli spettatori è formata da adulti, specialmente agli spettacoli serali. Adulti che apprezzano i virtuosismi di un’arte antica. Non a caso si intitola proprio «Virtuose» lo spettacolo di quest’anno, in cui il Cirque d’Hiver parla italiano, perché il protagonista indiscusso è il clown italiano Fumagalli (all’anagrafe Gianni Huesca, nativo di Venzone, in Friuli), considerato uno dei migliori al mondo. Spalleggiato dal fratello Darix e dal clown bianco Alberto Caroli (migliore nell’aspetto che nella sostanza, strepitosi i suoi costumi), Fumagalli, che è un clown cascatore, regala in varie riprese alcune gemme del proprio repertorio, meno acrobatiche e più recitate, come l’incontro di boxe, e la ripresa di una classica gag del passato come «Ape dammi il miele», che chiude lo spettacolo.
Fumagalli, che parla un buon francese, come anche Darix, si diverte molto a infarcire i suoi discorsi di parole e frasi in italiano (canta e fa cantare persino «Volare»), e si prende il gusto di citare, in chiave comica s’intende, perfino Silvio Berlusconi. In privato, chiacchierando nell’intervallo alla boutique del circo nelle splendide scuderie dell’Imperatrice, dove firma autografi come una star, si dice «molto preoccupato per le sorti del nostro paese», dal quale manca da alcuni anni — ricorda — da quando vinse il Premio Grock a Imperia e poi andò in gita a Venezia. Ma «anche il resto dell’Europa non se la passa bene; e in Germania, come nella stessa Francia, i segni della crisi cominciano a diventare molto visibili». Una risata, forse, ci salverà. Lui riesce a regalarle, e il pubblico mostra di apprezzare.
Altri punti di forza dello spettacolo di quest’anno sono le spericolate acrobazie di Alain Alegria al trapezio Washington, senza longia di sicurezza, che lasciano col fiato sospeso, l’elegante adagio ai tessuti aerei di Anne e Roland Madrugada, la forza dello strepitoso mano a mano del Trio Laruss (due donne e un uomo), i ritmi vertiginosi del giovane giocoliere Francois Borie, la verve scatenata al diablo di un altro giovane, Pierre Marchand, che arriva dal celebre «Lido» , e un curioso e raro numero di gatti ammaestrati da Vladislav Olandar. Buona la troupe di trapezisti brasiliani Neves, con un impeccabile triplo salto mortale, così come i Boytsov alla barra russa, gli ungheresi Bokafi alla bascula, e il giovane Marc Giely alla bici acrobatica. Scontato e poco convincente, l’illusionista Marcel Kaalisvart.
La parte più debole del programma, sono invece gli animali. A cominciare dal numero di gabbia: solo tre tigri, giovani di appena due anni, e ancora acerbe, presentate da Sandrine Le Bris. L’unico merito del numero, non a caso piazzato in apertura della prima parte anziché della seconda, è che a presentarlo — fatto abbastanza raro — è una donna. Deludente anche la cavalleria: solo tre cavalli, montati da Regina, Odette e Marion Bouglione, dove solo la bella Regina sembra sapere il fatto suo. Carini infine, ma niente di più, i numeri di Andrejs Fedorow con le colombe, e dei piccoli cugini Dimitri Bouglione con Alessandro e Valentino Togni-Bouglione, con i loro animali di fattoria, come caprette e maiali. Niente elefanti.
Ottima l’orchestra di undici elementi (un lusso per i circhi d’oggi) guidata con brio da Pierre Nouveau, graziose le otto ballerine del “Salto Dancers”, dignitosa e sobria la presentazione del nuovo Monsieur Loyal, Michel Palmer, che fa comunque rimpiangere la classe, l’eleganza e la competenza dell’inarrivabile Sergio.
Nell’insieme, uno spettacolo che vale, anche per la bellezza del luogo, il prezzo del biglietto.
Voto: 7