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Il Ridotto di Venezia
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Il Lunedì

Déjà vu

La sensazione è di straniamento, come di una vaga, languida, stanchezza. Per non dire addirittura di noia. O di nausea. Comunque di ripetuto. Di déjà vu. Di sfiancante. Sfibrante. E terribilmente deprimente. Per vent’anni ci siamo dovuti sorbire il quesito, irritante e irrisolto, della battaglia per il Berlusconi-sì e per il Berlusconi-no.

Roberto Bianchin

Ora, quasi per una nemesi, o per un’eterna condanna, ci dobbiamo sorbire – e rischiamo di dovercelo sorbire per un secondo ventennio – un altro quesito irritante e irrisolto, assolutamente analogo: quello del Renzi-sì o del Renzi-no. Francamente insopportabili. Entrambi. I quesiti, s’intende. Ma, in fondo, anche i personaggi.

Certo, in fondo (ma quanto in fondo?), i due si assomigliano. Solo l’età è palesemente diversa. Oddio, poi, a ben guardare, neanche quella: il Papi, anche se ha quasi ottant’anni, ha modi e passioni adolescenziali.

In politica, poi. Renzi non viene da destra né da sinistra (viene dai boy-scout), e non si capisce bene se abita a destra o a sinistra (forse al centro?). Papi Silvio Berlusconi è uguale. Lui è finito a centro-destra per caso. Lo ha detto lui stesso, senza alcun imbarazzo né pudore, che poteva anche diventare indifferentemente un leader della sinistra.

Del resto veniva dal Psi del suo amicone Craxi, un partito che a quel tempo abitava nella sinistra, sia pure quella moderata. E più volte, quando è stato presidente del consiglio, ha mostrato che era in grado di indossare con la stessa disinvoltura il doppiopetto dell’imprenditore-padrone come la tuta dell’operaio. Un gigante.

Ma il punto non è tanto se ci piaceva Berlusconi e fino a che punto, e fino a che punto eravamo disposti a odiarlo, o se adesso ci piace Renzi e fino a che punto, e fino a che punto siamo disposti a contrastarlo. Il punto è che in questo Paese sembra sempre che sia necessario, quasi obbligatorio, schierarsi sempre a favore o contro qualcuno. Insomma, dev’essere sempre sì o sempre no. Mai una via di mezzo, un ragionamento, un dubbio. Un dire magari: questo mi piace anche se lo ha fatto Berlusconi, oppure questo non mi piace anche se l’ha fatto Renzi.

Abbiamo sempre, noi italiani (ma non solo noi italiani, per la verità), il maledettissimo vizio che, invece di ragionare, preferiamo schierarci. A prescindere, come diceva il Principe De Curtis in arte Totò. A favore o contro. Nero o bianco. Questo o quello. Prendere o lasciare. La borsa o la vita. Bumba o morte.

Abbiamo sempre bisogno di un nemico. Di qualcuno da combattere anche quando non ce n’è bisogno. Forse perché così ci dimentichiamo chi siamo e di cosa non siamo capaci. Tutto déjà vu, in fondo. Ma che noia.★

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Mer, 10/01/2014 - 12:00
Edvard Munch (1863 - 1944), Autoritratto con una bottiglia…

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