Eroi

C’è qualcosa che stride, che infastidisce, nel ritorno a casa per Natale, in una sorta di licenza-premio, dei due fucilieri della Marina Militare Italiana arrestati in India, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

E non è tanto il fatto che possano godere di un periodo di riposo dalle fatiche della prigionia. Né che le due settimane di vacanza siano costate piuttosto salate allo Stato Italiano, che ha dovuto pagare una cauzione di 800mila e passa euro, promettendo solennemente che a feste finite rispedirà in India i due militari italiani perché vengano processati.

A indispettire è piuttosto il fatto che i due marò siano stati accolti in Italia come eroi. Che siano arrivati a Ciampino con un aereo di Stato. Che a riceverli ci fossero due ministri della Repubblica, quelli della difesa e degli esteri, Di Paola e Terzi, e il capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio Binelli. Che siano andati al Quirinale, ospiti del Presidente della Repubblica, Napolitano. Che Monti, il presidente del consiglio, abbia telefonato loro per rincuorarli. Che radio, televisioni e giornali li abbiano intervistati come se fossero delle star. Che qualcuno, come l’ineffabile Ignazio La Russa, abbia persino avuto l’ardire di offrire loro una candidatura al Parlamento nelle fila del suo neonato partitino neofascista.

Coccolati come eroi, appunto. Senza che abbiano compiuto alcun atto di eroismo. Tutt’altro. Dimenticandosi tutti il vero motivo per cui sono in prigione in India accusati di omicidio: aver ucciso lo scorso febbraio due cittadini innocenti, due pescatori indiani, scambiandoli per pirati del mare, mentre erano di scorta alla nave Enrica Leixe.

L’India, peraltro, non ha alcun diritto di processare dei soldati di un altro paese, nemmeno per crimini commessi nel loro paese. I soldati di un paese, secondo le norme del diritto internazionale, vanno processati dai paesi di appartenenza. Perciò l’India perderà la sua partita sul piano diplomatico internazionale, e non processerà proprio nessuno. Proprio come la perse l’Italia la partita, nel 1998, quando pretese di processare i militari americani della base di Aviano che per un giochino da deficienti con il loro aereo («guarda come sono bravo a passarci sotto»), avevano tranciato i cavi della funivia del Cermis provocando venti vittime.

Gli Usa se li riportarono in patria, incuranti delle proteste italiane, e dopo un processo farsa li condannarono a pene ridicole (sei mesi). Li allontanarono però dall’aviazione, troncando sul nascere la loro carriera militare. Vennero degradati e rimossi dal servizio. Fu stabilito un risarcimento (il 75% a carico degli Usa) di 4 miliardi di lire per ogni vittima.

Tra pochi mesi i due fucilieri torneranno definitivamente in Italia. Liberi da ogni processo indiano, stavolta. Ma non vorremmo che venissero un’altra volta accolti come eroi. Non dovremo dimenticarci che torneranno comunque come imputati. E che il processo per omicidio dovranno subirlo nel nostro paese. E dovrà essere un processo serio e vero.

Non sarebbe giusto fingere di non sapere che in India ci sono due famiglie di pescatori che chiedono giustizia perché hanno perso i loro cari e ancora se ne chiedono il perché. ★

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