Scusi, pago il caffè
quant’è? Una poesia

C’è la giornata del papà e quella della mamma. C’è la giornata del nonno e quella della zia. C’è la giornata della fame e quella della sete. C’è la giornata del risparmio e quella dello spreco. C’è la giornata della luce e quella del buio. C’è la giornata della pizza e quella del caviale. C’è la giornata del vino e quella della birra. C’è la giornata del cioccolatino e quella del pan biscotto. C’è la giornata dello sport e quella del dolce far niente.

C’è la giornata di primavera e quella dell’autunno. C’è la giornata della letteratura e c’è quella della pittura. C’è la giornata del ricordo e quella della memoria. C’è la giornata delle forze armate e c’è quella del disarmo. C’è persino, pensa un po’, la giornata della felicità. Dove un tizio con la faccia di bronzo ti spiega che per essere felice ti bastano trenta esercizi di ginnastica (!). Non fosse la giornata della non violenza, verrebbe da picchiarlo.

Insomma, c’è una giornata per ogni stupidata. Oddio, non è che siano proprio tutte stupide e tutte inutili. Alcune (poche) sono intelligenti. E alcune (pochissime) servono a qualcosa. Magari a risvegliare l’attenzione su qualcosa di prezioso ma di dimenticato. Come la giornata mondiale del circo (16 aprile) voluta dalla Principessa Stéphanie di Monaco, e come la giornata mondiale della poesia, che si celebra il primo giorno di primavera, il 21 di marzo.

In questo giorno la poesia diventa importante. Diventa denaro. In più di mille caffetterie di trenta Paesi del mondo si può pagare un caffè (ma anche un tè) con una poesia. Bastano pochi versi, buttati giù al momento, con una matita, su un tovagliolino di carta sul bancone del bar. È un’idea bella e originale di Julius Meinl, una delle maggiori società europee produttrici di caffè, fondata a Vienna nel 1862, dove ha ancora la sua sede principale, dal signor Julius, un pioniere. Fu infatti il primo torrefattore a produrre caffè in versione industriale in Europa.

Il suo caffè, profumatissimo, denso di aromi, servito sempre in tazze di porcellana su vassoi d’argento, fu amato da tipini come Gustav Klimt, Egon Schiele, Otto Wagner, Sigmund Freud. La Meinl (caffè, tè, marmellate), riconoscibile dal celebre marchio del moretto con il fez in testa, oggi è un colosso presente in settanta Paesi del mondo, ha 650 dipendenti e sforna 40mila tazzine di caffè al giorno.

Convinti, secondo la più pura tradizione viennese, che il caffè sia cultura e che sia fonte di ispirazione, come anche che la poesia «possa rendere il mondo migliore», i discendenti di Herr Julius hanno ideato questa curiosa iniziativa intitolata  Pay whith a poem, che si svolge in tutti i Paesi del mondo. Una poesia per una tazzina di caffè.

«Noi sogniamo un mondo – spiegano – dove il denaro venga sostituito dalle emozioni. Un mondo migliore. Perciò, per un giorno, stiamo cambiando la moneta di scambio nelle caffetterie di tutto il mondo».

Davvero una bella iniziativa. Suggestiva. Bravi. Solo un’obiezione: per quanto mi riguarda, è antieconomica. Una mia poesia vale molto più di un vostro caffè.

LA PAGELLA
Julius Meinl: voto 7

www.meinlcoffee.com

Una tazzina di caffè Julius Meinl (fonte: www.zedge.net)

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